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Quello del 12 dicembre 1969 poteva essere un venerdì pomeriggio come tutti gli altri. Milano si sarebbe goduta il freddo prenatalizio e l'ordinaria frenesia di un pomeriggio lavorativo e il 12 dicembre sarebbe un giorno come tutti gli altri. Ma invece è una data nera, ben scolpita nella mente degli italiani: quel pomeriggio, alle 4 e mezza, una bomba scoppiava alla sede della Banca Nazionale dell'Agricoltura in Piazza Fontana, provocando 17 vittime e 88 feriti. Era l'inizio della cosiddetta "strategia della tensione", quella lunga e sanguinosa serie di attentati terroristici particolarmente violenti durante gli anni di piombo e volti a destabilizzare la già traballante situazione politica italiana. Un attacco terroristico finito in un bagno di sangue che si è protratto anche nei giorni successivi, con il presunto "suicidio" dell'anarchico Pinelli avvenuto lo stesso giorno del funerale delle vittime.
La strage, di matrice neofascista, ha visto numerose condanne, assoluzioni e depistaggi, per concludersi definitivamente nel 2005 con l'assoluzione dei tre presunti colpevoli, non senza lasciare dietro di sé dubbi e amarezza. E' necessario ricordare, se non altro affinché non si ripetano gli orrori del passato. Come affermato dal giudice Guido Salvini, che ha condotto l'ultima istruttoria sul caso della strage: "Non bisogna dimenticare l'area nazifascista che aveva organizzato la strage e quella parte degli apparati dello Stato con loro collusa, per favorire, attraverso la paura, l’insediamento di un governo autoritario in Italia." Mai.